Ricerca e materia. Due termini all’apparenza slegati ma che, in persone molto particolari, rappresentano due elementi indissolubili di un’anima predisposta all’arte. Come Michele Simeoni, che fa della ricerca e della materia i pilastri indissolubili della sua carriera e del suo stile.
Veronese di nascita e di vita, Michele ha quel tipo di personalità schietta e senza fronzoli, che fa di lui un creativo assolutamente sui generis. Oltre a essere conosciuto come affermato scultore del legno e come interior designer, Simeoni è un picker, uno scopritore di tesori, un ricercatore di oggetti dal passato recente, spesso nascosti in cantine o soffitte, altre volte esposti in mostra nei mercatini vintage o dimenticati nei robivecchi di provincia. La sua storia parte da qui, dalla voglia di “dare nuova vita alle cose vecchie”.
Michele, prima ancora di iniziare la tua carriera di scultore del legno, tu hai un passato da ricercatore di oggetti: quando hai capito che questa ricerca sarebbe potuta sfociare nella realizzazione di opere uniche?
Non esagero quando affermo che già da bambino avevo abbastanza chiara la mia indole e la mia propensione a cercare e costruire. Eravamo all’inizio degli anni Ottanta e iniziavano a vedersi in Italia i primi skateboard importati da oltreoceano, costosissimi ma bellissimi agli occhi di un bambino come ero io. Non potendomene permettere uno, mi ingegnai subito per trovare una soluzione a quel desiderio irrealizzabile. Mi feci regalare da un falegname una tavoletta di legno di abete e la tagliai nella misura corretta con un seghetto. Sulla tavoletta montai poi i miei pattini a rotelle. Avevo sette anni e un mio skateboard.
Da lì è nata la mia passione per il modernariato e le cose da “aggiustare”, come le definisco io.
Questa tua particolare propensione alla manualità ha continuato a manifestarsi anche nell’adolescenza?
Esatto. Soprattutto per quanto riguarda tutti gli “oggetti del desiderio” tipici per quell’età. Come la prima Vespa, ad esempio. Non la volevo identica a tutte le altre: desideravo un mezzo che fosse unico e che mi rappresentasse pienamente. Disegnai da zero le carenature e me le feci realizzare da un carrozziere. Così feci anche per la moto successiva. La passione per customizzare moto mi è poi rimasta nel sangue. Non ho però una data o un’età a cui posso far risalire l’inizio della mia passione per quello che faccio oggi: credo di avere avuto da sempre un’ottima manualità, e assieme a quella il desiderio di avere oggetti che mi piacessero. Non potendomeli spesso permettere o li realizzavo ex novo o li sistemavo. Quel che si dice “fare di necessità virtù”!
Come si è realizzata la parziale transizione tra la ricerca e il commercio di modernariato con la realizzazione di opere artistiche?
Ho passato anni a girare per case, soffitte, edifici abbandonati e mercati con il mio amico antiquario Alessandro Pescetta.
E spesso mi sono trovato ad ammirare vecchi mobili in legno ormai inutilizzabili come tali, ma quando si ha la possibilità di toccare quelle vecchie assi è possibile percepirne la materia. E la materia è vita.
“Ho passato anni a girare per case, soffitte, edifici abbandonati e mercati. E spesso mi sono trovato ad ammirare vecchi mobili in legno ormai inutilizzabili come tali, Ma quando si ha la possibilità di toccare quelle vecchie assi è possibile percepirne la materia. E la materia è vita. “
È stata quella consapevolezza che ha dato il via alla mia seconda attività. Ho iniziato a cercare tutto il materiale che potesse mettermi nelle condizioni di esprimere la mia creatività: nel 2007 ho acquistato dal fallimento di un falegname buona parte delle macchine indispensabili per iniziare a lavorare il legno.
Ho imparato ad utilizzarle senza che nessuno mi abbia mai insegnato alcunché e, da quel giorno, è partita la mia avventura.
Tra le tue sculture si denota una spiccata preferenza a rappresentare dei pesci. C’è un motivo particolare?
Il pesce è diventato, oltre all’opera che ha contribuito a costruire la mia carriera, anche la mia firma personale nei lavori di interior design. Non è un animale scelto a caso: il pesce è l’unico animale in natura che non si può gestire perché è imprevedibile e indomabile.
«Il pesce è uno dei pochissimi animali in natura che non si può gestire perché è imprevedibile e indomabile». Michele Simeoni
Il tuo lavoro ha una fortissima connotazione con la materia, e dai tuoi lavori traspare fortemente questo rapporto vitale. Come riesci a relazionarti con essa?
Il legno antico ai miei occhi è in grado di regalare sensazioni incredibili. È simbolo e materia al tempo stesso. Per spiegare meglio questo concetto cerco di riferirmi ad un esempio pratico citando un grande artista come Maurizio Cattelan: il suo stile e la sua arte mi piacciono enormemente. Cattelan usa oggetti e simboli della nostra società. Prendo ad esempio la statua di Karol Wojtyla colpito da un meteorite. Questa, come le altre, non è una scultura che vive di luce propria, ma si fa forza dell’immagine stessa del personaggio noto che vi è rappresentato. Le mie sculture invece, a mio parere, brillano di luce propria. La definirei come materia che dà sensazione: il legno antico è così, è in grado di regalare emozioni, è simbolo e materia al tempo stesso. Naturalmente tutto sta negli occhi di chi guarda, altrimenti quello che si vede resterà sempre e comunque un semplice pezzo di legno.
Quando intraprendi un progetto di interior design, sempre utilizzando il legno antico come materia prima, hai un approccio al lavoro differente rispetto alla realizzazione di una tua scultura?
Non progetto mai. Se il risultato mi sembra adeguato ne sono felice, altrimenti lascio perdere. Potrebbe essere un limite, per altri, ma per me rappresenta il più forte tratto distintivo.
Nei miei lavori non sono un calcolatore, mi affido completamente all’estro e all’istinto del momento e del contesto nel quale mi viene chiesto di lavorare. Sono totalmente allergico ai disegni predefiniti. Al punto tale da rifiutare di eseguire un lavoro se il committente mi presenta un qualsivoglia progetto o disegno di un interior designer.
Sia quando scolpisco il legno per una mia opera sia quando devo realizzare un progetto di interior design l’approccio è il medesimo. Non ho nessuna pazienza, sono isterico e istintivo nel mio lavoro.
Tutto è disegnato nella mia mente, taglio e assemblo quasi in automatico. Proprio per questa istintività estrema ci sono lavori che non mi piacciono e che quindi accantono. I pezzi belli li sento subito, ed allo stesso tempo ci sono delle cose che non voglio nemmeno rivedere e le nascondo ma, magari dopo un anno che li ho messi in castigo, riesco a trovare una giusta collocazione e a cambiare il mio punto di vista. Se poi, durante la lavorazione, il pezzo si spacca la cosa non mi preoccupa. È un buon motivo per rimetterci le mani. E per sentirmi nuovamente me stesso.
Articolo: Mauro Farina Shooting fotografico: Adriano Mujelli