Mario Dattoli è il fondatore e CEO di 24 Consulting, società che offre servizi di Comunicazione, Sviluppo Applicativo e Business Intelligence in ambito digitale.
L’incontro con Mario Dattoli, più che un’intervista informale, sembrava un fermo immagine della serie tv Bridgerton. Ci siamo seduti ai lati opposti di un tavolo lunghissimo, come due aristocratici inglesi di inizio ‘800 nella loro tenuta di campagna, ma senza candelabri e posate d’argento. Mascherinati, igienizzati, distanziati. Quasi come parlare su Zoom, ma senza Zoom.
Mario Dattoli di cose da dire ne ha parecchie. Abbiamo parlato due ore e quaranta minuti. Due giorni dopo mi ha detto “sai, credo di essermi dimenticato di dirti alcune cose importanti”.
Voleva fare l’imprenditore, Mario Dattoli, e ci è riuscito, seguendo un percorso non privo di colpi scena. Una laurea in Economia («ho deciso di scegliere il percorso di studi che mi lasciasse il maggior numero di possibilità aperte, senza immaginare che mi sarei poi innamorato del marketing»), un legame particolare con il nonno e una passione per il calcio e per la musica che avrebbero contribuito non poco a rendere Mario Dattoli l’imprenditore che è oggi.
«Ho il dono dell’orecchio assoluto» mi dice. «Mi basta ascoltare una canzone per suonarla. Quando studiavo musica mi pesava parecchio dover leggere gli spartiti e obbedire ai maestri. Preferivo andare a braccio e divertirmi».
«Andai al BIT di Milano, presentando il mio floppy in ogni stand. Nessuno mi ricontattò». Mario Dattoli
Erano gli anni in cui nelle case stavano arrivando i primi, ingombranti, computer. «Scoprii che unendo computer e tastiere potevo creare delle basi musicali da rivendere agli artisti di piano bar». Inizia in quel momento la passione di Mario per l’informatica. Il world wide web doveva ancora arrivare, ma c’erano i primi fogli di calcolo e, soprattutto, c’erano i floppy disk. «Presi il catalogo de I Viaggi del Ventaglio e ne feci una versione digitale con Visual Basic su floppy. Per farlo contattai un rivenditore del programma di Bari per acquisire un componente che mi consentisse di introdurre anche contenuti audio e video. Completai il tutto con un logo che avevo ideato sul momento».
Stampò 300 floppy contenenti il catalogo e andò al BIT di Milano, presentandolo in ogni stand. Nessuno lo ricontattò, nemmeno quelli de I Viaggi del Ventaglio. Era un progetto troppo all’avanguardia, a quanto pare.
Riuscì comunque a portare l’innovazione informatica nel polveroso mondo del commercialista presso cui aveva iniziato a lavorare dopo l’università. «Un giorno mi mise sul tavolo una pila di documenti dicendomi “queste sono le pratiche di un fallimento: mi serve una relazione entro tre giorni”. La relazione la feci, ma a modo mio: andai a scattare foto all’esterno dell’azienda e presentai un elaborato con immagini e testi alternati a disegni. Lo scrissi anche in linguaggio comprensibile e ne preparai una versione digitale. Ci misi una settimana, ma fu una rivoluzione che piacque molto, anche durante la presentazione in Tribunale».
In seguito gli tornò finalmente utile anche il floppy de I Viaggi del Ventaglio. «Lo mostrai a un cliente dello studio di commercialisti il quale fece il mio nome a un’agenzia di comunicazione. Mi affidarono la presentazione di un progetto per il mondo dell’edilizia, ma il 3D era ancora troppo costoso. Andai così al parco Minitalia, vicino Bergamo, per scattare alcune foto da modificare poi in Photoshop e renderle credibili. C’era tutto quello che mi serviva: palazzi, ponti, edifici di ogni tipo. Tutto».
L’arte di arrangiarsi in un mondo digitalmente ancora arretrato lo ha reso un pioniere e ha dato il via definitivo alla sua carriera.
Dopo numerose altre esperienze Mario Dattoli ha fondato 24 Consulting con Giovanni Barbesi, attuale responsabile dell’area Web Marketing. Partiti in 4 in 10 metri quadri (usurpando parte dell’ufficio del padre di Giovanni) oggi sono una squadra di 55 persone che occupano due piani del palazzo Bauli, a Verona, per un totale di 800 metri quadri. «Lo spirito, però, non è cambiato» mi dice. «Ogni anno chiudiamo l’azienda per tre giorni per andare con tutti i dipendenti a fare un viaggio. Oggi che siamo in tanti è più complicato, ma c’è uno zoccolo duro piuttosto esteso che vive ancora l’ufficio con questo spirito e che non rinuncia a questi momenti di condivisione. È questo il nostro segreto ed è per questo che l’azienda ha un turnover quasi pari a zero».
«Il problema di chi lavora troppo su un singolo mercato è che si focalizza sul dettaglio e perde di vista il generale». Mario Dattoli
Nati come web agency con forte vocazione alla consulenza, si sono poi dedicati anche allo sviluppo di applicativi custom che si integrassero con i gestionali già in possesso delle aziende, integrando l’offerta con strumenti di business intelligence per aiutare le aziende a gestire e analizzare l’incredibile mole di dati in loro possesso. «Ci siamo proposti come soggetti in grado di integrare le tante fonti dati disperse. Fornitori di sistemi di analisi dati che mettessero a disposizione dei decisori delle interfacce, dei “cruscotti” utili a prendere delle decisioni. Ci dicevano “voi siete quelli che fanno i software belli”. Oggi si direbbe che disegniamo una bellissima user interface e una efficace user experience».
Dopo aver lavorato con alcune grandi realtà locali, la svolta è arrivata con Alitalia. «Abbiamo iniziato con un progetto da 300 euro sul tema della customer satisfaction», mi dice sorridendo.
E a seguire molte delle più importanti e note aziende italiane: «Abbiamo avuto il privilegio di prendere parte a una serie di tavoli strategici relativi all’informatizzazione dei processi aziendali, ma non siamo mai stati verticali su un solo mercato» ci tiene a precisare. «Occuparci di automotive, alimentare, trasporti, industry, pubblica amministrazione ci ha permesso di portare le nostre esperienze nei diversi mercati. Il problema di chi lavora troppo su un singolo mercato è che si focalizza sul dettaglio e perde di vista il generale. Un errore in cui incorrono moltissime aziende. Inoltre, abbiamo sviluppato competenze su CRM e formazione digitale che abbiamo poi portato a pioggia sui nostri clienti. Ma non solo: abbiamo ribaltato il processo e ora siamo noi a proporre al mercato le nostre soluzioni. L’esperienza maturata nel settore formazione ha dato vita a una straordinaria piattaforma LMS, 11 board, che ha caratteristiche rivoluzionarie per chi deve erogare contenuti formativi. Io e Giovanni Barbesi siamo stati i fattori scatenanti, ma è stata sviluppata dalla nostr afactory interna. E siamo anche produttori di contenuti formativi: sviluppiamo learning object, vere e proprie esperienze digitali che rendono l’utente protagonista attivo del processo formativo, agevolando l’apprendimento. Con questo approccio affianchiamo da anni i nostri clienti nella gestione della formazione interna: durante il lockdown abbiamo convertito in digitale tutte le attività in presenza, adeguando i supporti didattici e creando in pochi giorni le premesse per trasferire gli utenti dalle aule fisiche alle aule virtuali».
Lo guardo. Un po’ a fatica, a dire il vero, vista la distanza che ci separa. Cinquantadue anni vissuti intensamente, “padre e marito felice” come ama dichiarare, sembra che quest’uomo abbia vissuto cinque vite. Che stanno tutte emergendo in questa conversazione. Un passato da giocatore di calcio prima e da allenatore poi che gli hanno insegnato quella che lui considera l’unica forma di leadership, l’esempio. Una famiglia che è un melting pot di diverse regioni italiane e un gruppo di amici che resiste stoico al passare del tempo. Una miriade di aziende aperte, tutti gli utili reinvestiti nello sviluppo della società e altre collaborazioni che stanno nascendo in questi mesi.
«Sai, da piccolo lavoravo il legno». Sento che sta per raccontarmi la sesta vita.
«Mio nonno faceva il falegname, Negli anni divenne imprenditore e creò una splendida azienda dedita alla lavorazione del legno: le mance che mi dava quando ero piccolo erano sempre legate a una serie di lavori che mi commissionava. Con il legno dovevo produrre dei giochi, ad esempio archi, frecce e spade. Dovevo tagliare il legno, levigarlo, appuntirlo, assemblarlo. Solo quando avessi presentato il lavoro fatto a regola d’arte avrei ricevuto la mancia. Ma presto il nonno si rese conto che, pur applicandomi nella lavorazione del legno, ero carente nell’organizzazione del lavoro. Prendevo gli utensili dai banchi dei diversi operai che lavoravano nell’azienda, ma non li rimettevo mai a posto correttamente. Il lunedì, giunti in fabbrica, nessuno degli operai trovava i propri attrezzi sul banco» mi dice sorridendo. «Mio nonno non mi rimproverò. Il week end successivo trovai tutti i banchi chiusi da un lucchetto. Ma in fondo al capannone ce n’era uno aperto: all’interno, una selezione di utensili che potevo usare. Ho imparato la lezione ed è un atteggiamento che ho spesso messo in pratica anche con le mie figlie».
Uomo saggio, il nonno. «La porta di casa sua era sempre aperta, per i parenti e per i suoi operai. Il fine settimane era sempre festa, arrivavano tutti. Chi stendeva piadine, chi affettava i salumi, chi apriva il vino. Ho sempre voluto fare quello che ha fatto lui: lavorare in proprio ed essere felice».
Nella sua ricerca della felicità, Mario è infaticabile. Pochi mesi fa ha creato una nuova società, 24 PTS, risultato di una Joint Venture con PTSCLAS, importante società di consulenza con un team di 150 professionisti specializzati in consulenza strategica, finanza e valorizzazione del capitale umano.
Nel salutarci gli chiedo cosa farebbe se le cose dovessero andare male, se l’azienda in cui ha investito tutto dovesse incontrare delle difficoltà. «Se va male, ricomincio. Ho solo cinquantadue anni, sono giovane. E le idee non mancano», mi dice scoppiando a ridere.
Nella sala riunioni del secondo piano scorgo un vecchio banco da lavoro in legno che è stato ristrutturato. È un banco da falegname.