Ines Giovanett, Cantina Castelfeder: l’Alto Adige nel mondo

Ines Giovanett è l’anima commerciale della cantina Castelfeder che opera in Sud Tirolo (Bolzano).  Una giovane donna del vino che ci ha raccontato come la cultura tedesca e quella italiana possano convivere nei vini della sua cantina.

 

Questo è un articolo di parte, e lo svelo subito per spazzare via ogni dubbio al lettore. È di parte perché si parla di una regione, Sud Tirolo o Alto Adige che dir si voglia, che mi ha visto nascere e mi ha ospitato per i miei primi sedici anni, forse i più importanti per la formazione del carattere di una persona. È un articolo di parte perché parlare della propria terra non può non far emergere ricordi ancestrali, strettamente connessi a persone, luoghi ma anche a odori e sapori. I sapori, appunto. Quelli che ti fanno sentire a casa, quelli che ti fanno innamorare, quelli di cui non vorresti privarti mai.


La storia che vado a raccontare nasce da un Sauvignon, gustato qualche anno fa sotto i portici di Egna, piccolo borgo ad una manciata di chilometri da Bolzano, la mia città natale. Non posso affermare che quel Sauvignon fosse il migliore che abbia mai bevuto, però so che dietro alla convinzione di aver bevuto un ottimo vino possono esserci molteplici aspetti: il contesto, il momento e la compagnia con cui si è condiviso quel momento. Quel Sauvignon aveva tutti questi aspetti più uno in particolare: è stato capace di raccontami una storia, quella della mia terra. Quel Sauvignon era di Castelfeder.

Ines Giovanett è il volto giovane e sorridente di questa azienda vinicola, fondata dal nonno Alfons quasi cinquant’anni fa, nel 1969. Castelfeder ha il suo cuore pulsante nella Bassa Atesina, la zona più a Sud dell’Alto Adige: 60 ettari tra terreni di proprietà e conferitori, sparsi in tutta la zona tra i paesi di Egna, Ora, Cortina, Salorno, Cortaccia, Montagna e i dintorni di Bolzano. Chardonnay, Pinot Bianco, Pinot Grigio, Lagrein, Pinot Nero e Sauvignon sono le varietà di punta della loro produzione.

Ines Giovanett rappresenta la terza generazione della famiglia. Sorella, figlia e nipote di enologi e vignaioli, innamorata della propria valle e dei suoi prodotti, è l’anima commerciale di Castelfeder con una particolare missione: quella di “educare”, in Italia ma soprattutto all’estero, il consumatore al vino altoatesino, parlando e raccontando non solo di un prodotto di qualità, ma anche di una terra dove il valore aggiunto è rappresentato dalla fusione e dalla convivenza di due culture linguistiche ed enologiche ben definite. L’incontro con Ines è coinciso con uno dei momenti della giornata più significativi per la famiglia Giovanett: il pranzo all’aperto, nel giardino al margine della cantina, dove familiari e collaboratori si riuniscono allo stesso tavolo, senza alcuna distinzione.

La prima domanda non poteva che essere quella di chiedersi chi sia Ines Giovannet e come si consideri come donna impegnata in un mondo prettamente maschile come quello del vino.

«Non so se vi sia una risposta più corretta a questa domanda. Sono una ragazza giovane con una mentalità fresca in termini di concezione del vino e dei suoi mercati, eppure con mio fratello rappresento anche la terza generazione di una famiglia di enologi e viticoltori. La cantina ha sempre fatto parte della mia vita ma l’attrazione per il mondo del vino non è stata immediata: fino ai vent’anni avevo in mente di fare tante altre cose, tra cui la veterinaria.


Ma quando si è trattato di scegliere non ho avuto alcun dubbio. Io e mio fratello siamo cresciuti tra le vigne e le botti, abbiamo vissuto i periodi frenetici delle vendemmie e l’alternarsi delle stagioni. Lavorare nell’azienda di famiglia è stata di fatto la scelta più logica, ma anche quella più bella.

«Lavorare nell’azienda di famiglia, Castelfeder, è stata di fatto la scelta più logica, ma anche quella più bella». Ines Giovanett

Mi ritengo la persona più pragmatica della famiglia. Mio fratello Ivan, l’enologo di Castelfeder, e mio padre hanno sempre tante idee, sono i creativi dell’azienda. Io sono la persona più razionale, quella che cerca di canalizzare tutte queste idee e dare la giusta priorità alle cose. Mia madre completa il quadretto familiare con il suo entusiasmo e il suo ruolo, fra i tanti, di collante tra tutte le anime della nostra azienda.


Di fatto sono anche una donna inserita in un mondo, quello del vino, con una netta prevalenza maschile. Devo dire di non avere mai avuto problemi in quanto donna: certo, noto ogni tanto come sia necessario evidenziare una maggiore conoscenza della materia per essere considerate alla stessa stregua di un uomo, ma una volta acclarata la mia competenza non ho mai più notato alcun dubbio nei miei interlocutori».

Insieme a tuo fratello Ivan rappresenti la terza generazione di una famiglia di viticoltori. Su quali, tra i tanti, insegnamenti di tuo padre e di tuo nonno fai riferimento nel tuo lavoro?

«Alfons, il nonno, è ancora oggi un esempio per la sua straordinaria tenacia e vitalità: ha fondato l’azienda quasi 50 anni fa e ancora oggi, a 97 anni, è perfettamente autonomo e sempre presente in cantina insieme a noi.
A mio padre Günther devo l’insegnamento più importante, che faccio mio ogni giorno. Lui ha condotto la nostra azienda sana e salva durante il periodo più nero della crisi del mondo del vino, senza mollare mai un attimo, nemmeno nei momenti più difficili. Ha insegnato a me e a mio fratello l’importanza di crederci sempre e di non mollare mai perché ci può essere sempre la soluzione ad ogni cosa».

Nella giornata trascorsa insieme a tutti voi ho percepito chiaramente una forte sensazione di famiglia allargata, che va ben oltre il legame di sangue.

«Contandoci tutti, Castelfeder si compone di venticinque collaboratori. Noi mangiamo insieme durante la vendemmia, beviamo gli stessi vini, viviamo ogni momento della giornata della nostra azienda con chi lavora con noi e per noi. Mia madre ha sempre voluto e cercato di unire la famiglia e i collaboratori sia durante l’anno che durante il periodo della vendemmia.

 

Questo legame speciale viene percepito anche dai nostri ospiti. Certo, si tratta sempre di un equilibrio non facile perché rischia di venire a mancare il confine tra titolare e collaboratore che ci deve sempre e comunque essere, ma è una cosa a cui non possiamo e non vogliamo rinunciare. Un legame molto stretto cerchiamo di mantenerlo anche con i nostri conferitori. Quando “racconto” i nostri vini nei miei incontri sto raccontando il nostro territorio e con esso anche la storia dei nostri conferitori. Con loro condividiamo tanti momenti soprattutto in vendemmia. Ma il nostro è un rapporto che dura tutto l’anno: ci conosciamo, ci parliamo e condividiamo tanti momenti. Sono tutti aspetti molto importanti, sia per noi che per loro».

Parliamo ora di attaccamento alla propria terra e al territorio. Di fatto, Castelfeder è nata e non si è mai spostata dalla Bassa Atesina.

«La cantina nasce a Egna, sotto i portici del Centro Storico. Castelfeder è il nome scelto da mio nonno al momento della fondazione. Ora la cantina è a Cortina, un comune a pochi chilometri da Egna, ma siamo sempre e comunque legati al nostro piccolo borgo.

Il ponte della vecchia ferrovia della Val di Fiemme, da cui si domina la vallata è il simbolo del nostro Pinot Nero ed è riportato sulle etichette delle bottiglie. Dal ponte si possono ammirare i vigneti delle località di Gleno e Mazzon: sono luoghi simbolo per noi, perché rappresentano le zone storiche di Pinot Nero in Alto Adige».

Ti occupi per la maggior parte del tempo di mercato estero. Come viene percepito fuori dai nostri confini il mondo del vino altoatesino e come vorresti venisse raccontato?

«Per me il termine più adatto da associare all’Alto Adige è la qualità, ed è proprio la qualità l’argomento su cui punto in tutte le mie presentazioni. Siamo già a buon punto nella percezione della qualità dei vini altoatesini da parte del consumatore e del rivenditore, ma dobbiamo ancora lavorare molto per valorizzarli ulteriormente soprattutto nei segmenti premium.


Quando parlo dei miei vini faccio sempre una piccola lezione di storia sull’Alto Adige. La nostra è una storia un po’ movimentata e ci sono stati molti cambiamenti negli ultimi trent’anni. Le persone fanno fatica a capire come due culture, quella italiana e quella tedesca, possano condividere la stessa terra. Continuo a spiegare questa nostra peculiarità perché è essenziale capirlo, perché è la nostra forza e il nostro tratto distintivo è proprio quello di avere due culture che si fondono nello stesso territorio.

«Le persone fanno fatica a capire come due culture, quella italiana e quella tedesca, possano condividere la stessa terra. Continuo a spiegare questa nostra peculiarità perché è la nostra forza». Ines Giovanett

Tra le sei varietà principali prodotte da Castelfeder, quale intendi valorizzare di più?

«Il Pinot Nero in assoluto. È una varietà a cui siamo molto legati, per la quale abbiamo investito tantissimo tempo e risorse e adesso vogliamo portarlo un gradino più in alto. Abbiamo dimostrato di fare un ottimo Pinot Nero e questo ci dà la spinta per portare questo progetto sempre più in alto.
Ci piace investire forze ed energie in progetti affascinanti, come ha fatto mio fratello Ivan qualche anno fa riscoprendo e riportando in produzione antichi vitigni nella regione della Mosella. Per noi di Castelfeder non esiste il risultato immediato, non ci deve essere fretta. Nel vino ci vuole tempo: nella produzione, nella vendita, nella percezione, nella degustazione.


Ho sempre affermato di voler arrivare un giorno a vedere non solo i nostri vini sulle carte dei ristoranti più importanti, ma anche sentire i clienti chiedere ai maître un Pinot Nero Castelfeder. Sogno e lavoro per vivere quel momento».

Durante la nostra giornata passata insieme non ho potuto fare a meno di notare tre splendidi cavalli a pochi passi dai vostri vigneti. Quando ti sei avvicinata per accarezzarli ho visto chiaramente il tuo viso illuminarsi…

«Ho solo una passione che supera quella per il vino ed è proprio quella rappresentata dai cavalli. Se avessi tempo e denaro avrei un maneggio tutto mio e vivrei con loro tutto il giorno. Ad oggi mi devo accontentare di poterne coccolare solo tre. Sono cavalli islandesi: sono animali molto buoni, di ottimo carattere, poco inclini a spaventarsi e molto forti anche se piccolini. Forse un po’ simili a me».


Articolo: Mauro Farina   Shooting fotografico: Martina Padovan

Mauro Farina

Founder - Creative Content Manager

Altoatesino di nascita, bolognese nel cuore e veronese d’adozione, vive in simbiosi con la sindrome del bambino di fronte alla vetrina del negozio di giocattoli. Vorrebbe comprare tutto, ma non potendoselo permettere sublima raccontando ciò che divora con gli occhi.