La Municipàl sono loro, Carmine Tundo e Isabella Tundo. Partiti da Galatina, aprono uno dei concerti dei Subsonica e infine approdano al Concertone del Primo Maggio. Si sono raccontati per noi.
«Crescere e scegliere di rimanere a Lecce non è stata una scelta facile, ma un modo di vedere le cose. La maggior parte dei miei amici vive e lavora al nord, le mie sorelle da anni vivono una a Milano e l’altra a Roma, anche se Isabella è appena tornata in Puglia. Io credo davvero che si possa ripartire dalla provincia». Carmine Tundo è nato e cresciuto a Galatina, in una regione del sud Italia che si riempie d’estate e vive soprattutto di turismo, mentre per il resto dell’anno assume per molti le sembianze di quella provincia da cui è necessario scappare per assicurarsi un futuro lavorativo. «Ma chi l’ha detto che per far carriera nel mondo della musica bisogna per forza vivere a Milano e Roma?». Oggi trentunenne, Carmine vive ancora nella terra che non ha mai lasciato e che è stata la culla della sua musica, che oggi ha più volti: quello di solista, sotto lo pseudonimo Romeus, che lo ha portato anche sul palco di Sanremo nel 2009; quello del duo rock alternativo in lingua inglese Nu-Shu, e quello di una band, La Municipàl, che ha scelto di raccontare in lingua italiana, attraverso la voce di Carmine e della sorella minore Isabella, in modo romantico ma mai edulcorato, storie reali a cavallo tra pop “crepuscolare” e canzone d’autore.
La Municipàl è nata nel 2013 un po’ per gioco. Nel 2011 Isabella Tundo aveva lasciato Lecce per trasferirsi a Roma e studiare medicina. «È una cosa che ho sempre avuto dentro fin da bambina. Ho sempre preferito le materie scientifiche e scoperto presto la mia ‘attitudine medica’, una variabile indipendente e separata dal mio impegno musicale, per quanto entrambi gli aspetti facciano parte della mia stessa personalità». Vivendo in due città diverse, Isa e Carmine si ritrovavano al pianoforte di casa più che altro nei giorni di festa e nei periodi di vacanza. «Era la cosa che più di tutto ci accomunava, un pretesto per stare insieme», raccontano al principio di una giornata fatta di prove in sala e di studio in mezzo alle campagne leccesi per lui, e di turni e visite per lei.
Cominciavano suonando le canzoni di qualche artista che piaceva a entrambi, continuavano a canticchiarle in cucina, mentre preparavano il pranzo o il caffè, e poi le facevano diventare qualcosa di completamente nuovo sul quel pianoforte: così sono nati i primi singoli, fino alla decisione di portarli in giro, per raccontarli live. «E’ stato un percorso molto graduale e spontaneo, dettato da quell’empatia naturale tra fratelli che esiste tra noi grazie a una sensibilità e a gusti musicali affini».
Carmine aveva riconosciuto già da bambino di essere fatto per la musica: «La nostra non è mai stata una casa dove c’erano dei dischi», racconta. «C’era però una matrice a partire dai nonni che suonavano la musica popolare. Nostra madre suonava la chitarra da piccola ma noi abbiamo avuto un approccio autonomo alla musica, grazie anche al pianoforte che avevamo in casa, regalato dal nonno alla nostra altra sorella, che però non ha mai suonato».
Carmine e Isabella si sono avvicinati autonomamente allo strumento, «ed è per quello forse che ci è rimasto dentro». Quello che ha influito molto nella formazione di Carmine, riconosce lui, sono state le esperienze musicali esterne e la partecipazione al circuito musicale salentino: la sua prima band, che quest’anno festeggia vent’anni, si chiamava Cruska e faceva ska: i live in giro per la Puglia e l’Italia gli hanno insegnato per la prima volta a stare in giro, a lasciare casa e a ritornarvici, ma soprattutto l’esperienza in studio lo ha formato a 360 gradi a livello musicale. «Ho capito così il ruolo di ogni strumento: la sala prove continua ti forma e io mi sono formato in particolare sulla produzione musicale, imparando ad arrangiare e a registrare nel piccolo studio che avevamo».
I genitori di Carmine non hanno mai ostacolato le sue scelte, vedendo che l’impegno in questo tipo di carriera era massimo: «Per poter fare questo mestiere non ho mai fatto una vacanza, ho sempre e solo speso i soldi che guadagnavo o ricevevo in strumenti e ho così ottenuto una sorta di ‘nullaosta’. Già a 18-19 anni ero in contatto con Sugar, sono stato sempre autonomo economicamente, grazie anche al fatto che vivevo al sud».
Mentre Carmine assorbiva quanto possibile in sala prove, guardando gli altri suonare e poi sedendosi al loro posto, e inseguiva la carriera artistica, Isabella studiava pianoforte, chiusa nella sua stanza e ben lontana da quella dimensione di live che apparteneva al fratello che preferiva osservare dal pubblico. «Una dimensione che da un lato mi intrigava, ma dall’altro mi spaventava. Carmine mi ha in qualche modo preso di peso e mi ha portata con lui sul palco».
In realtà, interviene lui, “Il primo vero concerto insieme l’abbiamo fatto in apertura ai Subsonica e lei era la più tranquilla. È come se avesse più dimestichezza coi palchi di me, pur non avendo mai suonato. Ha questa dote innata che la porta a non avere ansie o ad averne molte meno, strana e bella da vedere, che crea un bel contrasto con quello che sono io sul palco». Anche se la maggior parte della scrittura è frutto di Carmine, Isa, con la sua voce e il suo apporto, è altrettanto fondamentale. «È la cartina di tornasole, l’occhio esterno il cui intervento riesce a correggere il tiro e rendere un brano più assimilabile all’esterno. La sua presenza è davvero importante, perché tira fuori la mia parte più leggera e romantica, lei dà un altro suono che permette di dire in alcuni brani, cose dure e forti alleggerendole.
Al primo ascolto sembrano a volte canzoncine, ma poi scendendo nel profondo trovi venare con leggerezza e spensieratezza, di contrasto alla parte più nostalgica e più cupa».
Dal 2013 La Municipàl ha inciso un EP e due album, l’ultimo uscito lo scorso marzo e dal titolo “Bellissimi difetti”, che racconta soprattutto di un’età più adulta in cui ciascuno diventa consapevole di se stesso e si accetta per quello che è. «Quando sei più piccolo cerchi di coprire determinati tratti del tuo carattere e poi ti rendi conto che fanno parte di te», spiega Carmine. «Credo che nella società moderna», aggiunge Isa, «la fissazione sui propri difetti sia un sentimento comune, in un mondo che ci vuole tutti conformi secondo linee di guida.
Nelle nostre canzoni parliamo anche di difetti caratteriali, di qualsiasi cosa che si voglia intendere come difetto. Qualcosa che non va demonizzato, ma che può trasformarsi in un punto di forza». Internet e social network hanno avuto un peso in questi meccanismi: «Internet si è incattivito negli ultimi anni, e la generazione dei trentenni che ha vissuto prima il pre-internet e poi internet è stata “violentata” rispetto al passato», dice Carmine.
«C’è nella nostra musica anche qualcosa di ‘politico’: cerchiamo in questo disco di dare un piccolo contributo nel sensibilizzare a tematiche sociali come l’accettazione del diverso e il rispetto degli altri». Carmine Tundo
«Quello che ci succede attorno ovviamente influisce su quello che abbiamo da dire e su quello che scriviamo, dando spazio anche a brani un po’ più politici in cui si parla del momento in cui si trova l’Italia e di momenti migliori». Non è strano quindi aver trovato La Municipàl sul palco del Concertone del Primo Maggio, conquistato l’anno scorso grazie a un contest, e quest’anno vissuto come parte del cast. «C’è nella nostra musica anche qualcosa di ‘politico’: cerchiamo in questo disco di dare un piccolo contributo nel sensibilizzare a tematiche sociali come l’accettazione del diverso e il rispetto degli altri».
Secondo Carmine si scrivono canzoni principalmente per necessità: quando qualcosa non va, si soffre per una delusione o per la rabbia, o si è preda di una sensazione. «La nostra scelta stilistica è quella di non censurare nulla, di essere più sinceri possibile: i nomi e le persone di cui cantiamo sono reali, le storie tutte vere. Questo comporta anche prendersi la responsabilità di quello che si dice e di citare persone reali. Sicuramente tanti amici ci hanno dovuto scusare per questo… Per altri è stato positivo: il titolare del Caffè del teatro, il nostro bar di riferimento in cui passiamo un sacco di tempo, era molto felice della pubblicità gratuita». Le canzoni per Carmine sono come una biografia in cui ci si mette a nudo, sono istantanee di vari momenti della vita in cui ognuno può riconoscersi a modo proprio. «Ed è bello vedere come un proprio fatto personale possa essere interiorizzato da qualcun altro».
Carmine e Isa condividono la matrice caratteriale di famiglia, caratterizzata da una grande timidezza. Ma la sorella, secondo Carmine, è più tosta, molto più tosta, forse anche grazie alla sua esperienza di studio fuori sede, a Roma. «Vivere a Roma», gli risponde lei, «oltre alla malinconia e alla nostalgia per gli affetti e le abitudini di una vita, l’ho vissuta come una scelta che ha cambiato tutto e mi ha responsabilizzato: mi sono resa conto che tutte le scelte vanno prese da sola, compreso aggiustare la caldaia». Andare via è difficile, ma come si fa a rimanere? «Non abbandonando un’idea del proprio territorio», risponde Carmine. «Il fatto delle radici è qualcosa che ho avvertito più tardi rispetto a quando ero più giovane e sognavo di andarmene e conquistare il mondo. Oggi vivo lontano dalla città, in luoghi a cui sono molto legato. Non credo sarei riuscito a vivere in una città molto popolata. Il mio studio è isolato in mezzo alla campagna e mi sono abituato nel corso degli anni a godere di quel silenzio». Senza dimenticare quella parte più pratica, relativa al costo della vita. «Fare il musicista e l’artista in una grande città può significare non farcela. È questa la ricchezza della provincia e ha senso per quello che faccio io, che ho più bisogno del tempo che dello spazio: ho tutto il tempo per registrare, senza distrazioni, dedicandomi ai miei diversi progetti e potendo così portare il mio messaggio musicale il più avanti possibile. L’idea stereotipata che bisogna stare a Roma o a Milano per le conoscenze, per infilarsi nell’ambiente, è sbagliata: credo che ognuno debba portare avanti il proprio messaggio musicale.
È il pubblico che viene ai tuoi concerti e compra il tuo album che ti fa andare avanti, non il discografico, assicura Carmine. «E poi credo che nell’essere l’unica band rilevante del sud, piuttosto che la centesima band di Roma, ci sia più soddisfazione».
«Fare il musicista e l’artista in una grande città può significare non farcela. È questa la ricchezza della provincia e ha senso per quello che faccio io, che ho più bisogno del tempo che dello spazio». Carmine Tundo
Internet ha anche aiutato ad abbattere le distanze, ed ecco che oggi il luogo non incide più, se non in tour. Lo scopo de La Municipàl all’inizio era riempire i live: «Ne abbiamo fatti più di 250 nel primo tour, per scelta nostra soprattutto a Lecce, nei bar, anche in posti non abituati ai live. Per noi era importante comparire in una programmazione, anche suonando in mezzo alle cover band. Siamo credo l’unica band che ha usato questa strategia: il riscontro ottenuto live ci ha permesso di avere una base solida su cui cercare di costruire il resto, facendoci conoscere, suonare meglio ed evolvere. Dopo il Concertone ha avuto inizio il tour di “Bellissimi difetti”, più strutturato del passato e con la presenza all’interno della programmazione dei festival estivi. Abbiamo un booking più grosso e faremo quindi concerti più mirati». Poi ci saranno gli indoor nei club in autunno e un piccolo tour europeo nei primi mesi del 2020.
«Un tour di chiusura. Il prossimo album è già stato scritto: avevamo molti brani, da cui sono nati “Bellissimi Difetti” e il prossimo». Tra i bellissimi difetti ci sono stati anche degli errori? «Credo», risponde Carmine «che ogni passo faccia parte di un percorso. Alcune scelte hanno influito su chi siamo ora e non cambierei nulla. Anche perché gli errori, come i difetti danno più spessore a un progetto».
Articolo: Alessandra Lanza Fotografie: Barbara Rigon