Beatrice Venezi, a ventotto anni, è il più giovane direttore d’orchestra in Italia, ed è stata definita da Forbes tra le cento persone “under 30” più influenti nonché leader del futuro. L’abbiamo incontrata a teatro.
Lucca, “la città delle cento chiese”, la città delle mura che la cingono, di Palazzo Ducale e delle strette e intricate strade del centro. Sotto il sole di un’estate tiepida, il rosso dei mattoni e il giallo dei palazzi la dipingono come un borgo medievale che traspira aria di tempi lontani.
In una delle piazze principali, affacciato con una serie d’arcate d’ingresso, domina lo storico teatro comunale; imponente, maestoso, padroneggia in tutta la sua grandezza. All’interno, nell’atmosfera di semplice eleganza, le pareti hanno il colore della crema e le luci sulle balconate sembrano decorarle d’oro.
È il primo pomeriggio e la platea è vuota. Non c’è nessuno oltre a Beatrice Venezi. Seduta, su una delle poltroncine nella prima fila, porta un vestito lungo e capelli biondi che le cadono ondulati fino al petto. Osservo da lontano il palco che le sta di fronte, così silenzioso, spiazzante. Mi viene a dir poco naturale figurarlo riempito da un’orchestra, immaginare i vari elementi distribuiti che si sommano, si fondono amalgamandosi in una musica collettiva, e Beatrice che con i gesti delle mani li tiene a bada, li dilata, li controlla.
«Come ho fatto a impormi in un mondo prettamente maschile non lo so, non c’ho pensato… Io volevo solo fare il mio lavoro». Beatrice Venezi
Allora mi avvicino, prendo posto accanto a lei e le chiedo incuriosita cosa provi a sentirsi ogni volta l’artefice di una nuova composizione.
«È letteralmente una magia, un potentissimo atto creativo. Non so bene come definirla, difficile da descrivere a parole perché è un’energia che ti scoppia dentro, una felicità dovuta al fatto che stai creando e lo stai facendo insieme ad altre persone. È letteralmente un “dar vita”».
Beatrice Venezi è il più giovane direttore d’orchestra in Italia, definita da Forbes tra le cento persone “under 30” più influenti nonché leader del futuro: oggi ha solo ventotto anni. Eppure, ricordando quel corso di pianoforte intrapreso quasi per caso nella scuola elementare della sua città natale, Beatrice Venezi afferma che non si sarebbe mai immaginata che quel cammino l’avrebbe portata così lontano.
«Ogni bambina sogna di riuscire a fare grandi cose, e si sa che l’immaginazione dei bambini è molto fervida. Diciamo che lo sognavo sicuramente. Come ho fatto a impormi in un mondo prettamente maschile non lo so, non c’ho pensato… Io volevo solo fare il mio lavoro, non ho cercato di compiere nessun atto di emancipazione, non era contemplato. È venuto naturalmente, da sé. E me ne sono resa conto dopo».
Nessun intento, quindi, ma Beatrice, per quanto inseguisse solo ciò che sentiva, ha saputo cucirsi addosso gli abiti dell’innovazione, ha trasformato il suo grande desiderio in forza dirompente capace di abbattere gli schemi obsoleti di un mondo conservatore e gerarchico.
Nel 2016 è stata la prima donna a dirigere un’orchestra sinfonica in Armenia, l’anno seguente lo è stata in Georgia, ed è proprio in Paesi come questi, culturalmente distanti da noi, che Beatrice Venezi è stata e vuole continuare ad arrivare per sradicare qualsiasi discriminazione nei confronti delle donne. Mi rivela di avere impressa nella mente una signora georgiana che a fine concerto le rivolse una frase in lingua inglese: “you couldn’t do anything harder: a woman conducting here!”. C’è una donna che dirige qui. È stato uno dei momenti in cui si è accorta di che portata potesse avere una figura come la sua, di che fastidio potesse dare e del valore dirompente che rappresenta.
«Se da una parte mi sbarrano la porta principale, io passo dalla porta laterale». Beatrice Venezi
E mentre mi e si racconta, con quell’accento tipicamente toscano che la contraddistingue, capisco che Beatrice Venezi è molto di più di una semplice rivoluzione. È grinta vincente che si è guadagnata tutto con merito e determinazione, anche quando, così facendo, scatenava l’invidia dei più.
«Ti dirò, a volte provano a sbarrarti la strada in maniera molto meno plateale di quanto si pensi, è qualcosa di più sotterraneo, più subdolo. All’inizio certe cose non le percepisci, o meglio le percepisci ma non sai neanche come affrontarle. Spesso non ci puoi fare niente perché sono considerazioni che purtroppo vanno al di là del merito. Quello che accetto sono le critiche costruttive, i feedback che posso ricevere; credo e sono convinta del fatto che si possa e si debba sempre migliorare, specialmente in un lavoro come questo dove costantemente impari cose nuove, ti esibisci su un repertorio diverso.
Anche la stessa partitura che andrai a rifare una seconda, una terza, una quinta volta, la farai ogni volta in modo diverso perché sarà in un momento differente della tua vita e della tua carriera. Per quello che riguarda tutto il resto invece… Beh, se da una parte mi sbarrano la porta principale, io passo dalla porta laterale».
Ed è soprattutto in un contesto che può sembrare avverso, schematico, impostato, che Beatrice spera di fungere da agente disturbante. Andare avanti seguendo ciò che le tiene vivo il petto per dimostrare che le cose, anche in Italia, si possono fare in maniera diversa, più chiara, più trasparente, più meritocratica e secondo un sistema premiante.
«Penso si debba parlare di merito, punto e basta. Non di uomo, donna, bianco, nero… ma se posso contribuire attraverso il mio esempio a dimostrare che in un Paese come il nostro, che ancora fatica sotto questo punto di vista per alcuni schemi sociali che si reiterano, a differenza di altri Stati che sono storicamente più votati alla parità, allora ben venga. E poi spero di trasmettere l’amore che io provo per la musica classica, perché oggi, diciamocela tutta, la musica classica specialmente dal giovane viene vista come qualcosa di vecchio, di noioso, distante. Voglio riuscire a dimostrare che invece la musica classica è cool, che l’opera lirica era il pop dell’epoca e ancora oggi di conseguenza ci parla delle stesse identiche cose di cui, ad esempio, ci parlano i film.
Voglio riuscire a trasmettere non tanto la conoscenza e nemmeno l’aspetto nozionistico, ma suscitare nelle persone i valori trasmessi dalla musica classica. Ti cito Giuseppe Verdi, tanto per nominare uno dei massimi esponenti: durante il Risorgimento iniziò a scrivere di vari soggetti storici quali Giovanna d’Arco, Boccanegra, i Vespri Siciliani, la battaglia di Legnano. Ecco, ognuno di questi aveva la funzione, proprio come nella tragedia greca, di ispirare e di istruire il pubblico rispetto a quei valori che erano necessari per costruire la nuova società risorgimentale. Credo che un ritorno a tutto questo potrebbe essere molto utile in un periodo dove invece i riferimenti si sono un po’ persi. Non voglio cadere nei soliti discorsi, però tutti quelli che erano i valori tradizionali, dalla famiglia a qualsiasi altra cosa, in parte sono venuti meno, e questo se da una parte ha portato a una grande apertura mentale necessaria rispetto a certe tematiche, dall’altra ha anche creato un vuoto che non è stato riempito da niente.
Ecco, io credo che questo vuoto possa e debba essere riempito dall’arte e dalla cultura».
Articolo: Francesca Tessari Shooting fotografico: Martina Padovan