Esistono territori che sono specchio e immagine delle persone che in quei territori sono nati, vivono e vi dedicano tutta la loro passione e dedizione. Come Arianna Vianelli.
Me ne rendo conto ogni qualvolta mi approccio ad argomenti che hanno a che fare con le risorse della terra. Arianna Vianelli, la nostra creativa di oggi, nonché nostra guida nel nostro viaggio in Franciacorta, con le sue parole e la sua competenza non fa altro che suffragare totalmente questa mia tesi. Arianna Vianelli ha dedicato (e dedica tuttora) ogni momento della sua giornata a raccontare e a promuovere un territorio, e lo fa con una passione e un coinvolgimento tali da non poter non esserne affascinati. Che si parli di vino, di metodo classico, di bollicine o del patrimonio naturalistico della sua terra.
Me ne sono reso conto durante la giornata passata con lei: Arianna Vianelli ci ha condotto attraverso un itinerario che ci ha portato a conoscere alcune delle peculiarità della Franciacorta, dalle sponde del lago d’Iseo fino alle meravigliose Torbiere del Sebino, passando per i vigneti delle cantine Monte Rossa e Arcari & Danesi e dall’incantevole cornice della locanda “Le Quattro Terre“.
Arianna, ti ringrazio per averci permesso, anche solo per un giorno, di scoprire scorci, panorami e realtà di un territorio che va ben oltre il concetto di zona di produzione vitivinicola: un territorio che contiene un patrimonio naturalistico e ambientale affascinante e, forse, ancora poco conosciuto a chi non vi abita. Vorrei iniziare questa intervista chiedendoti qualcosa di te e della tua attività attuale.
Sul web sono conosciuta più come “una franciacortina in cucina”, che poi è il nome del mio blog personale. Mi considero ormai come una piccola trottola, sempre in movimento tra le cantine e il computer. La mia storia lavorativa in questa straordinaria terra ha avuto inizio con uno stage presso il Consorzio di tutela. Già allora non potevo considerarmi una neofita: amavo già il vino e da sempre ero molto vicina ad alcune realtà vitivinicole, essendo franciacortina di nascita. Lo stage durò il tempo necessario a lavorare ad una edizione del Festival della Franciacorta, che allora si svolgeva con degustazioni all’interno di Villa Lechi ad Erbusco.
Finita quella breve ma significativa esperienza venni assunta dal Consorzio in pianta stabile. È iniziato così il mio percorso all’interno di questo mondo, percorso fatto di formazione, organizzazione eventi, comunicazione e tanti, tantissimi banchi d’assaggio.
Infine, ormai quasi due anni fa, mi resi conto che era giunto il momento di spiccare il volo e affrontare una nuova sfida, che potesse infondermi nuovi stimoli. Mi dimisi dal Consorzio e mi misi in proprio. Ma la mia voglia di intraprendere progetti indipendenti si era palesata già qualche anno prima.
Nel 2012 mi feci una promessa: raccontare le mie esperienze di cucina attraverso un blog.
La mia passione per il cibo nasce fin da piccola e si è sviluppata amalgamandosi al mio piacere di accogliere e aver ospiti a casa. Cucinare per sé e per gli altri credo sia uno dei modi migliori per manifestare e trasmettere affetto alle persone che ci circondano e che fanno parte della nostra vita.
«La mia passione per il cibo nasce fin da piccola e si è sviluppata amalgamandosi al mio piacere di accogliere e aver ospiti a casa. Cucinare per sé e per gli altri credo sia uno dei modi migliori per manifestare e trasmettere affetto alle persone che ci circondano e che fanno parte della nostra vita». Arianna Vianelli.
Mi imposi, quindi, di scrivere queste ricette senza impegno e con l’unico scopo di divertirmi. Successivamente, ho preso il tutto più seriamente al punto tale da coniugare il mio lavoro alla partecipazione ad alcuni cooking show. È stato senza dubbio un periodo particolarmente intenso: dodici ore di lavoro per il Consorzio, le altre passate in cucina a provare e riprovare i piatti.
Contemporaneamente è iniziata anche la mia collaborazione a TerraUomoCielo, il sito promosso da Giovanni Arcari e altri collaboratori. Ora mi occupo di comunicazione e organizzazione eventi alcune piccole aziende vitivinicole. Collaboro in Franciacorta con la Arcari & Danesi, Camossi, Solouva, e nelle Langhe con Giovanni Manzone.
Come si è strutturata negli anni passati al Consorzio la tua personale visione di un mondo così particolare come quello della Franciacorta e dei suoi protagonisti?
L’elemento che più mi affascina di questo microcosmo è la sua poliedricità. Non si tratta di una realtà costituita solo da grandi aziende o gruppi, ma parliamo di oltre cento cantine: cento pensieri diversi e visioni differenti e migliaia di persone che lavorano a queste queste visioni. Il lavoro che ho svolto in tutti questi anni nel Consorzio, compito tutt’altro che facile, mi ha permesso di capire che la diplomazia e l’empatia con i propri interlocutori sono la cosa più importante. È necessario sapere e capire chi si ha davanti: ogni produttore ha le sue esigenze e le sue peculiarità. In cambio, questo microcosmo ti dà tantissimo. Dalla Franciacorta e dalle sue cantine mi sono sentita adottata, al punto tale da considerarla al pari di una seconda famiglia.
E forse è proprio per ripagare tutto questo affetto che nasce la mia collaborazione con il blog di TerraUomoCielo: perché è un sito che parla anche di noi, del nostro mondo agricolo, degli uomini che vi lavorano, producendo vini con una identità ben definita. E lo fa creando contenuti stimolanti, evidenziando con la giusta enfasi anche le piccole realtà e gli eventi enoici e gastronomici che si susseguono nel corso dell’anno. Quando parlo di TerraUomoCielo non posso fare a meno però di citare Giovanni Arcari, il suo promotore. Giovanni, oltre a essere ora un produttore, è un conoscitore del mondo del vino: ha portato avanti questo progetto con la schiettezza che gli è propria, pubblicando articoli sinceri, a volte volutamente polemici, sul tema vitivinicolo che hanno provocato talvolta un forte dibattito. Perché è così che deve essere considerato questo spazio virtuale: un pensatoio dove possa nascere un confronto serio e anche serrato.
Poc’anzi ci hai menzionato il progetto “solo uva”, che è sia il nome del metodo di produzione, sia il nome di una cantina della quale sei diventata socia. Come ci si sente a mettersi dalla parte dei produttori, dopo anni passati al loro fianco?
La verità? Quando sono a servire ai banchi d’assaggio mi viene voglia di buttarmi in mezzo al Lago d’Iseo (ride, n.d.r.). Ero troppo abituata a stare dall’altra parte della barricata; occupandomi dell’organizzazione degli eventi ero immersa nel lavoro fino ad un minuto prima delle inaugurazioni, ma poi il momento dopo, verificato che tutto filasse liscio, potevo prendere il mio calice di vino e fare due chiacchiere (tenendo sempre gli occhi aperti e non abbassando mai troppo la guardia). Ora non è più così, perché devo mettermi in prima persona a spiegare quelli che sono anche i miei vini. L’approccio al lavoro è diverso perché cerchi di far crescere una realtà che letteramente ti appartiene. Lo faccio attraverso la comunicazione (Italia), attraverso i Social e con tante tantissime parole che mi sgorgano come un fiume in piena agli ospiti in cantina (ma sono certa di non stufarli!).
In realtà l’aspetto più coinvolgente del lavorare per piccole aziende sta nella sensazione di avere ancora tutto da costruire. Alcune delle realtà con cui collaboro sono accomunate dalla medesima filosofia e promuovono il progetto del nuovo metodo di produzione denominato “solo uva“. È un progetto in cui credo molto, portato avanti senza avere a disposizione budget enormi. Si tratta di un nuovo metodo di produzione di Franciacorta, molto valido sia dal punto di vista tecnico sia della comunicazione, perché valorizza ulteriormente l’unicità del nostro territorio.
Il metodo “solo uva” presuppone la rinuncia ad utilizzare zuccheri esogeni (solitamente lo zucchero di canna) nelle diverse fasi di vinificazione, quindi sia nella seconda fermentazione sia per l’eventuale dosaggio finale. Ritardando la vendemmia rispetto a quello che generalmente avviene per la produzione con il metodo classico, portiamo a maturazione l’uva e la raccogliamo nel momento in cui esprime al massimo non solo le caratteristiche tipiche delle varietà coltivate, quali chardonnay, pinot nero e pino bianco, ma anche quelle del frutto maturo. Perché tutti i vini del mondo si fanno utilizzando uva giunta a maturazione. L’esempio che spesso riportiamo per chiarire questo concetto è quello del paragone tra due arance: se ne confronto due ancora acerbe, una coltivata al Nord e una in Sicilia, saranno entrambe solo acide, ma se le lascio maturare non potrò non accorgermi della differenza enorme tra le due, perché il clima in cui sono maturate è completamente differente.
«L’esempio che spesso riportiamo per chiarire questo concetto è quello del paragone tra due arance. Se ne confronto due ancora acerbe, una coltivata al Nord e una in Sicilia, saranno entrambe solo acide, ma se le lascio maturare non potrò non accorgermi della differenza enorme tra le due, perché il clima in cui sono maturate è completamente differente». arianna vianelli.
La Franciacorta è un territorio molto eterogeneo a livello morfologico, dove sono presenti zone ad elevato contenuto di calcare così come zone dove si trova prevalentemente argilla. Se si vendemmia uva non ancora matura faremo sempre fatica ad accorgerci della differenza di gusto tra un terreno e l’altro. Vendemmiando a maturazione avvenuta le peculiarità del frutto vengono invece esaltate maggiormente.
Questa per me è la via che il Franciacorta deve seguire per distinguersi e far ritrovare profumi, gusti e intensità dei suoi frutti nel calice, attraverso vini delicati, puliti e riconoscibili.
Attenzione, non sto parlando di qualità superiore rispetto alla media, ma di qualità differente. Certo, aspettando la maturazione fenologica dell’uva, la produzione di mosto sarà minore, perché la resa in fase di pressatura sarà inferiore per avere un prodotto di qualità superiore. Il cosiddetto “mosto fiore” che ne esce è molto più ricco, più profumato mantenendo una buona acidità.
Tutta questa ricchezza di profumi ha un prezzo che si paga nella quantità: da un ettaro di vigneto lavorato con il metodo “solo uva” si ottengono circa mille bottiglie in meno rispetto allo standard; ma il risultato ottenuto ricompensa qualsiasi sacrificio in termini di quantità e di investimento economico. È possibile promuovere un territorio in molti modi, anche raccontando un metodo di produzione grazie al quale una bottiglia parla da sola, non solo investendo in eventi o altre collaborazioni meno legate al vino.
La promozione, appunto. È innegabile che, mentre il Franciacorta sta diventando un must tra gli appassionati italiani, fatica ancora a imporsi all’estero a causa della concorrenza dello Champagne e del Prosecco. Quali sono i motivi a tuo parere?
Il Franciacorta, purtroppo, possiede un grande tallone d’Achille, facilmente desumibile: non si chiama Champagne, che è il metodo classico più conosciuto al mondo, non ne possiede ancora lo charme né la notorietà fuori dai confini nazionali. Inoltre, il prezzo impegnativo, determinato da ovvi costi di produzione, lo pone in svantaggio rispetto al nostrano Prosecco, che è realizzato con un metodo di produzione molto meno oneroso.
«Il Franciacorta, purtroppo, possiede un grande tallone d’Achille, facilmente desumibile: non si chiama Champagne, che è il metodo classico più conosciuto al mondo, non ne possiede ancora lo charme né la notorietà fuori dai confini nazionali». arianna vianelli.
Inoltre la produzione di Franciacorta è decisamente inferiore rispetto a quella dello Champagne: 18 milioni di bottiglie annue non riescono a coprire un mercato mondiale. Certo ci sono Paesi, come il Giappone, dove si sta facendo un buon lavoro, ma credo sia necessario lavorare ancora di più in termini di comunicazione. Il Consorzio da anni si sta muovendo in questo senso, ma il lavoro da fare è ancora tanto.
Nella giornata passata insieme ci hai fatto da guida non solo in alcune delle realtà vitivinicole con le quali collabori, ma anche in una sorta di introduzione ai paesaggi naturalistici e storico culturali della Franciacorta, facendoci scoprire una terra legata alla sua produzione vinicola, ad un ecosistema e ad una conformazione geografica unica nel suo genere.
Esatto. Sia dal punto naturalistico che da quello storico-artistico la Franciacorta ha tantissimo da offrire. Una terra abbracciata dal Lago d’Iseo con paesi strettamente connessi ad esso, il che può rappresentare un’indubbia attrazione turistica.
E poi vi è tutta una parte storico-artistica da scoprire: monasteri, piccole chiese di borghi dove si possono ammirare affreschi del Romanino e di altri artisti importanti. Le ville, le meravigliose Torbiere del Sebino, il Borgo del Maglio, che rappresenta un reperto più unico che raro di archeologia industriale e tanto altro ancora.
In tutto questo mi spiace constatare come la mia terra pecchi ancora di un’offerta di qualità dal punto di vista della ristorazione.
A parte qualche lodevole eccezione ho trovato pochi ristoratori capaci, con le loro proposte e le loro idee, di “vendere” bene non solo il nostro vino ma anche il nostro territorio. Ecco, credo sia necessario lavorare molto su questo aspetto, sacrificando il guadagno immediato in funzione di una crescita in prospettiva. Su questo c’è ancora da rimboccarsi le maniche.
Arianna Vianelli è stata intervistata da Mauro Farina. Shooting fotografico: Barbara Rigon
Si ringrazia per la collaborazione: