The Creative Places: Ori-Gin, Bar, Hong Kong

Antonio Lai Ori-Gin bar

«Bere gin è un grande vizio inglese»: Charles Dickens, esperto tanto di inglesi quanto di vizi, oggi sarebbe sonoramente smentito da Antonio Lai, retaggio italiano ed esperienza internazionale, di professione “molecular mixologist”. Grazie a lui, il gin prende i colori della bandiera cinese e da vizio diventa piacere assoluto: accade a Hong Kong, dove sorge Ori-gin, il primo «gin bar» della città.

Dopo il successo delle esperienze con i centralissimi Quinary, consacrato alla vodka e premiato dall’ingresso della “top 50” dei migliori locali mondiali, e Angel’s Share (whisky bar e ristorante), Lai approda al gin con un obiettivo: dare una reinterpretazione profonda dei cocktails più affermati e creare i classici di domani, utilizzando soluzioni gastronomiche e tecnologie specifiche (dall’evaporatore rotante alla lenta distillazione a bagnomaria) per renderne la degustazione un’esperienza totalmente originale.

Per il gin, distillato dalla reputazione particolarmente travagliata, è l’occasione di una meritata rivincita. Al celebre distillato a base di ginepro, nato in Olanda con finalità terapeutiche, toccò infatti una «damnatio memoriae» che lo trasformò storicamente nella più oscura tra le bevande: le radici di questa fama sofferta affondano nell’Inghilterra del XVIII secolo, che videro il gin sbaragliare la nazionalissima birra per la sua enorme diffusione, il costo minimo e la facilità di produzione casalinga; additato come prima causa di molte piaghe sociali, nel 1751 fu punito dal Gin Act che ne limitò legalmente il consumo.

 

Ma “la maledizione del gin” non era finita: oscillando nei secoli tra periodi di riprovazione e altri di riabilitazione sociale, il distillato arrivò trionfalmente al 1920, scorrendo a fiumi nelle notti americane. Persino troppo: divenne il bersaglio principale del Proibizionismo, in un clima di “tolleranza zero” che ispirò agli irriducibili consumatori le soluzioni più fantasiose per la sua produzione clandestina. Ecco arrivare nei bicchieri il famigerato “bath pipe gin”, il “gin nel tubo della vasca da bagno” ottenuto con processi di infusione artigianali capaci di generare miscele micidiali.

“L’OBIETTIVO DI ORI-GIN: DARE UNA REINTERPRETAZIONE PROFONDA DEI COCKTAILS PIÙ AFFERMATI E CREARE I CLASSICI DI DOMANI, UTILIZZANDO SOLUZIONI GASTRONOMICHE E TECNOLOGIE SPECIFICHE PER RENDERNE LA DEGUSTAZIONE UN’ESPERIENZA TOTALMENTE ORIGINALE.”

Proprio alla vasca da bagno di epoca proibizionista si ispira Ori-gin, dedicandole il posto d’onore nel locale al fianco di antichi strumenti del mestiere. Addentratevi in quest’ambiente dall’atmosfera cosmopolita, che strizza l’occhio alle suggestioni  britanniche e agli speakeasy degli anni ’20: seduti al bancone, sarà un delizioso problema orientarsi tra centinaia di gin cocktails, shorts e G&T in innumerevoli combinazioni, impreziosite da sapori rubati al mondo gourmet: basilico, camomilla, agrumi, frutti di bosco…

 

Per iniziare, godetevi la proposta di punta del locale, il KGB (“Kyoho Grape Bath”) cocktail: lo riceverete servito in una schiumante vasca da bagno a misura di mano, con tanto di paperella che sguazza in un’originale combinazione di gin, liquore, succo d’uva, limone e lime, sciroppo di sambuco. Con una controindicazione: dopo aver assaggiato una tra le creazioni di Antonio Lai, il gin tonic del bar sotto casa perderà molto del suo fascino.

 

 

Ori-gin
Ground Floor, 48 Wyndham Street
Central, Hong Kong
www.originbar.hk

Articolo: Silvia Zanolli   Shooting fotografico: Ori-Gin

Silvia Zanolli

Contributor - Photographer - Writer

Laureata in Scienze della Comunicazione a Bologna, lavora nell'ufficio Marketing di un'importante azienda cosmetica. È tra gli autori dell'antologia "L'amore delle donne" (2011, Edizioni Montag); la sua lunga esperienza nel ruolo di copywriter e P.R. per diverse agenzie di pubblicità le ha offerto lo spunto per il suo primo romanzo "L'arte tradita".