Per la rubrica The Creative Reader, lo scrittore Stefano Sgambati ci parla di “Pontescuro”, l’ultimo romanzo di Luca Ragnin, edito da Miraggi Edizioni.
“Pontescuro”, di Luca Ragagnin, è un romanzo ambiziosissimo, breve, inatteso.
In una parola: “strano”, un’ibridazione incestuosa tra una certa tradizione popolare italiana, da Collodi e Rodari, e quella americana più weird (si annunciano ai gentili lettori dei folli ma indiscutibili punti di contatto con “Twin Peaks” di David Lynch). Geniale incastro tra la novellistica gotica e l’allegoria, soprattutto per come il Male viene rappresentato in senso metafisico (e qui di nuovo Lynch).
Il tono è favolistico, da “c’era una volta”: le voci narranti sono svariate, romanticissime (la nebbia, un cadavere, una ghiandaia, delle barche): ogni capitolo, soprattutto all’inizio, porta la voce di un personaggio diverso. Ambientazione: 1922, l’anno della marcia su Roma.
Siamo nella Bassa padana, nel villaggio di Pontescuro e c’è un delitto. A morire è la scandalosa e provocante figlia del signorotto locale, una meravigliosa “Bocca di Rosa”, capace di fare innamorare anche da fredda.
C’è un colpevole e un capro espiatorio, c’è tutto l’orrore proprio della provincia, l’omertà, il sesso, la superstizione. C’è pure un ispettore, che a un certo punto arriva da Roma, tuttavia senza che con lui arrivi anche una vera e propria indagine.
La scrittura è superba, forse la prova apicale di uno scrittore con una lunghissima carriera alle spalle.
La scrittura è superba, forse la prova apicale di uno scrittore con una lunghissima carriera alle spalle.
Si sente forte la “carriera” di Ragagnin, la sua cultura, l’erudizione, le infinite letture, lo spasmodico rapporto carnale con altre forme espressive come la poesia, la musica.
“Pontescuro“, senza strizzare l’occhio a niente e a nessuno (tantomeno alle mode) riesce a essere sia ipercontemporaneo, per i motivi già addotti, sia già un piccolo classico, soprattutto per ragioni di lingua, di lessico e di forma.
Articolo: Stefano Sgambati
Immagine di copertina: Martina Padovan